Passione azzurra: psicologia del tifo calcistico e della leadership

Lo scudetto numero tre arriva per il Napoli nel 2023, alla 33esima giornata di campionato: un’esultanza di tre, il numero magico per eccellenza, senza contare che Ricomincio da tre era pure il titolo dell’esordio cinematografico del mitico Massimo Troisi. La città è in fermento: da mesi ogni quartiere ha iniziato ad allestire balconi, piazze, strade con striscioni e bandiere, si è colorata di azzurro e la scaramanzia scompare sotto un sogno che diventa realtà. Nella città partenopea non è solo uno scudetto, ma una vera e propria sfida tra Nord e Sud che va avanti da secoli. Il calcio a Napoli è anche una religione, un sentimento di rivincita, riscatto e liberazione, come in tante altre città del Sud America soprattutto in Argentina e Brasile. La componente che accomuna questi popoli è il sentirsi oppressi da povertà e fallimenti e, di conseguenza, la ricerca di un riscatto in qualcosa che diventa più di uno sport. Sulla psicologia delle masse e delle folle si sono cimentati molti illustri esponenti del settore – primo fra tutti Sigmund Freud – ma nessuno aveva ancora visto il terzo scudetto del Napoli che avrebbe regalato un capitolo a sé. Quello che ha meravigliato, stupito e lasciato perplessi molti è stato il fenomeno mondiale della festa e della gioia, che ha accomunato tanti, persino i non tifosi del Napoli ed ha coinvolto anche chi non è di per sé patito del calcio. Il tifo napoletano, in un momento di forte unione e al di là delle rivalità storiche, ha dimostrato di poter realizzare una festa inclusiva e trasversale. Forse anche il momento storico, politico, culturale ha favorito questa voglia di stare assieme oltre le divisioni e nulla più del Napoli e della napoletanità è simbolo di inclusione e di comunanza; un popolo che, per la sua natura, ha sempre dato e quasi mai ricevuto, ha sempre accolto. In fondo Napoli non odia nessuno. Una vittoria, quella napoletana, che è figlia di un’ottima capacità di leadership, aspetto fondamentale nell’ambito del gioco di squadra, secondo la psicologia sociale che, insieme alla psicologia dello sport, considera un buon leader colui che, pur in democrazia, ascolta i confronti e poi prende la decisione più giusta. Motivare alla disciplina, al senso del sacrificio, al rispetto dell’altro, alla consapevolezza che da soli non si va da nessuna parte e che tutti devono formare un’unica armonia mettendo da parte protagonismi e narcisismi, con il comune ed unico obiettivo di portare a casa i risultati: sono queste le virtù che un buon leader – e in questo caso un buon mister – deve necessariamente possedere. Ed il nostro mister ha dimostrato, con somma certezza, di possedere tali qualità che ha trasmesso con tenacia e passione ai suoi giocatori. Tornando al nostro scudetto, Napoli è l’unico luogo in cui la gioia è del tutto condivisa. Al di là di piccole squadre che sono presenti ovunque, qui non c’è un’altra anima, c’è un’anima sola. Si può, quindi, affermare che questa è l’unica grande realtà metropolitana italiana che conta un milione e mezzo di abitanti che ha una squadra sola in cui tutti, tifosi e non, si riconoscono fortemente.

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