Il mito di Miseno per educare i giovani all’equilibrio e valorizzare il territorio della Campania Felix

Il libro “Averno” della poetessa premio Nobel per la letteratura 2020 Louise Glück ha evidenziato le immense potenzialità culturali del nostro territorio, la Campania Felix, in particolare dove il terreno dei Campi Flegrei è indissolubilmente unito alla storia antica.

Il promontorio di Capo Miseno trae infatti la sue origine da un mito, quello di Miseno, il trombettiere di Enea, la cui morte è descritta da Virgilio nel sesto libro dell’Eneide. Miseno era fedele amico di Enea, al cui fianco combatteva sia con la spada che con la tromba. La Sibilla Cumana predisse la morte di Miseno, figlio del dio dei venti Eolo, come un passaggio necessario affinché Enea potesse accedere all’Ade attraverso la porta situata nell’attuale Lago d’ Averno.

Il mito riprende un tema assai caro alla mitologia greca, e in particolar modo a quello della tragedia, la ὕβϱις, cioè la tracotanza. Questo è un tema molto attuale, poiché la tracotanza come eccesso è quell’atteggiamento di superbia, di sfida, di insolenza che i greci non sopportavano. Di fatto Miseno fu un vero arrogante, poiché sfidò gli dei ad una gara di tromba.

Tritone, figlio del dio del mare Poseidone, uccise Miseno affogandolo, così punendolo per la sfida. I troiani lo seppellirono secondo il rito solenne dell’epoca ed Enea offri come contributo al compagno Miseno quello di erigergli un promontorio, appendendovi le armi, il remo e la tromba che appartenevano al suo defunto amico.

Questa storia ha affascinato le generazioni nei secoli e può essere molto interessante da diversi punti di vista. In primo luogo il tema della tracotanza è un tema classico del mondo antico che ritrova spazio vivo nella società moderna. Gli antichi, attraverso il mito, condannavano la tracotanza come un disvalore della forza. L’arroganza non veniva tollerata e quindi il mito era un mezzo per insegnare ai giovani a non essere superbi, arroganti, a non avere inutili e dannosi atteggiamenti di sfida, specialmente contro gli dei, a perseguire l’equilibrio e non cadere negli eccessi.

Basta osservare la pubblicità, i mass media e infine i social media per capire come il mondo moderno abbia fatto dell’eccesso e in particolare della superbia un valore, travestendo l’arroganza in forza di carattere.  Il mito di Miseno può essere una bella occasione per le scuole e per le famiglie al fine di educare i propri figli ad un concetto di forza correttamente inteso, riscoprendo per l’educazione dei giovani la mitologia come strumento didattico di equilibrio e l’importanza del mito nella disciplina che più di tutte ha valore: la storia.

Quindi perché non portare i giovani a Capo Miseno e narrargli il mito? Magari la bellezza del luogo, il canto delle onde del mare, e un poco di mitologia potrebbero “raddrizzare” diversi giovani che, specialmente in fase adolescenziale, scambiano la forza per violenza, cioè scambiano un valore con il suo disvalore, concetto chiave che rientra nella filosofia del diritto.

Il mito potrebbe inoltre diventare una attrattiva turistica e quindi generare un indotto importante per il territorio durante tutto il corso dell’anno, e non solo in estate, valorizzando Miseno non solo per la bellezza del suo litorale ma anche per la sua importanza culturale, creando un network territoriale culturale mitologico che potrebbe unire, in una piccola ed ipotetica simulazione, il Parco Virgiliano a Cuma, a Capo Miseno e al Lago d’Aveno, con un potenziale culturale, sociale ed economico che valorizzi il territorio e la sua storia.

21.07.2022

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