Tratto da “Tutti quei fiumi portano al mare…” – Diario di missioni umanitarie in viaggio di solidarietà in terre devastate dalla guerra di Maria Rosaria de Fazio

Per capire bisognerebbe partire. Lasciare i nostri comodi divani e attraversare il mare. Incontrare storie e vicende umane che sembrano lontane, distanti, ma che tanto ci accomunano. Oltre il mare spesso ci sono orizzonti diversi, percorsi mai affrontati, solo raccontati. Bisognerebbe attraversare il mare e toccare terra, bagnarsi fra quelle sponde sconosciute, diventarne figli.  Un figlio buono ama così tanto la sua terra, che è pronto a dar la vita, a difenderla, se ferita. Figli che diventano ragazzi coraggiosi, che sanno donarsi al prossimo, al servizio degli altri, i più deboli. Ed eccoli, divenire “grandi”, nell’affrontar pericoli, situazioni estreme, seguendo a volte, soltanto il proprio istinto, mettendo a fuoco situazioni impensabili, rischiando il tutto per tutto per riportarle in sicurezza, dovunque esse siano. Uomini che, grazie al loro cuore grande, divengono tanti fiumi in piena che portano al mare. Troppe volte, forse, mare di flutti burrascosi da superare, ma anche fonte di speranza, rigeneratrice di vita. Sanno gli intrepidi, senza timore, come attraversarlo, portando il meglio con sé, facendo tesoro di tante esperienze vissute…      

Nei loro sguardi la loro forza, nel loro cuore la Patria e Dio, ogni giorno, gruppo che fa rete, uniti combattendo, spezzando, tante volte, il male su questa nostra Terra.  Solidarietà, aiuto, comunità, unione, fratellanza, abnegazione, coraggio. Fedeltà, Patria…

Ammirazione, rispetto, gratitudine!

“Angeli in divisa”, Carabinieri, Eroi Silenziosi del nostro tempo, troppo spesso chiamati a compiere le loro missioni in pericolosi territori devastati da violentissime guerre, come il terribile conflitto avvenuto nel Kosovo dal febbraio 1998 al giugno 1999, uno dei capitoli più sanguinosi della guerra dei Balcani, seguito poi dalla dissoluzione della Yugoslavia. Alla conseguente destabilizzazione del territorio Kosovaro, dovuta alla guerra, si rese necessario l’invio di contingenti di forze alleate per garantire l’equilibrio e la pace in quei territori. Anche i nostri Carabinieri furono chiamati a dare il loro contributo di pattugliamento e controllo a sicurezza di quelle zone.

Vi  porto a conoscenza proprio di una storia, avvenuta in terra Kosovara, con meravigliosi risvolti di grande fratellanza e solidarietà di cui il Maresciallo dei Carabinieri, Paolo Gorga, si è reso protagonista in prima persona, coadiuvato dal prezioso aiuto dei suoi colleghi. Una storia che, grazie all’incredibile forza dell’amore, illuminando i passi di chi in quel momento era completamente smarrito e abbandonato in quei territori devastati, dona a noi tutti, più che una speranza, la convinzione che un mondo migliore sia veramente possibile.

Il testo della lettera del Maresciallo Paolo Gorga in cui racconta gli avvenimenti

“Mi chiamo Paolo Gorga,  sono un Maresciallo dei Carabinieri attualmente in servizio. Sono stato in missione in Kosovo dal 2007 al 2008. Allora ero Brigadiere in servizio presso Unità di Manovra del Reggimento MSU di stanza in Pristina. Spesso uscivamo sul territorio per missioni a cui quotidianamente venivamo assegnati. Quella mattina di gennaio, il freddo era intenso, ma né io né i colleghi che erano con me, sembravamo sentirlo. Ero io alla guida della Land Rover Defender su cui viaggiavamo con l’interprete, come solitamente facevamo nei nostri giri di pattugliamento e ricognizione.
Eravamo tutti silenziosi e intenti a portare a buon fine il compito della mattinata.
Lungo il percorso un crocevia, all’angolo della strada, un muretto. Una bambina lì seduta sembrava osservarci. Uno scatto, corse verso di noi e mi si parò davanti. Non ebbi un istante per pensare, solo inchiodare il piede sul freno. Per un pelo, appena un centimetro, la evitai.
Occhi sgranati che mi guardavano ansimanti, spaventati, infreddoliti! Avrebbe potuto avere sette o forse otto anni; giusto un secondo, si avvicinò e lanciò un foglio verso di noi…il tempo di raccoglierlo e la bimba già era già sparita. La scritta sul foglio, che io ricorderò per sempre, era questa “Help my family”.

Da quel momento, tutto il dolore di quella Terra ci è entrato davvero nei cuori. Era scritto chiaramente negli occhi di Fatlume, questo il nome di quella bimba. Trascorsi 3 giorni abbiamo avuto la possibilità di fare un sopralluogo sul posto e l’abbiamo ritrovata. Le condizioni della sua famiglia, erano veramente allo stremo: nella loro casa mancava di tutto dal cibo, ai vestiti,  dormivano sul pavimento; un pezzetto di pane era la loto unica infinita ricchezza da condividere. Appena giunti presso la loro abitazione il fratello e la sorella della bambina giunsero verso di noi scalzi. Da allora, cercammo di andare a trovarli ogni volta che potevamo. Il nostro non era stato solo un lavoro di ricostruzione, ma soprattutto un voler restituire speranza a chi, in quel contesto, era completamente smarrito e abbandonato.

Quella nostra missione, oggi può dirsi compiuta. Fatlume è cresciuta, è diventata una giovane donna che guarda al futuro e crede nella possibilità di una vita dignitosa, per lei stessa e per la sua famiglia. Tutti insieme, da anni ormai, hanno imboccato il giusto cammino.

Una delle tante storie di vera vita vissuta, solidarietà, carità verso il prossimo, di cui ci sentiremo sempre fieri, io e i miei colleghi, per aver potuto contribuire. Questa non è soltanto la storia di Fatlume, ma la storia quotidiana di tanti bambini come lei, purtroppo spesso meno fortunati”.
                                                                                                                                        

La storia della bambina Fatlume, oggi giovane donna, e della sua famiglia, si accomuna a tante altre vicende umane che, per fortuna, riescono a risolversi in modo veramente positivo grazie all’aiuto di quanti si prodigano, con sacrificio e abnegazione, per coloro che si trovano in estrema difficoltà”.

Grazie alla scrittrice Maria Rosaria de Fazio che ci onora di questo suo racconto; una storia e una testimonianza di fratellanza che onora tutti noi Italiani, da poco pubblicato nella Rivista Il Carabiniere, numero 7 uscito nel mese di luglio 2021. Sono questi gli esempi da seguire e di cui tutti noi abbiamo bisogno. Insegnamenti dettati da puri sentimenti di persone davvero uniche e speciali che, dedicando tutta la loro vita al servizio della comunità, hanno la forza di illuminare il cammino di tutti noi.

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *