La pace politica: il dialogo costruttivo verso le sfide del futuro

Nel primo articolo dedicato alla pace politica si è sottolineata l’importanza della storia come maestra di vita nella conoscenza di quelle meccaniche e dinamiche politiche, economiche, sociali che si ripetono nella storia e che Benedetto Croce definiva come “corsi e ricorsi storici”. La memoria è strumento fondamentale per evitare lo sviluppo di conflitti e guerre come frutto del ripetersi di errori già commessi in passato. Le dinamiche storiche sono dinamiche di diversa natura ma tutte accomunate dal fatto di essere dinamiche di potere.

Gli antichi romani chiamavo il potere imperium e per giustificare guerre che il popolo non voleva, si avvalevano della propaganda, cioè di messaggi divisivi propagati per generare odio ed indifferenza che venivano rivolti verso altri popoli per giustificarne l’aggressione o verso lo stesso popolo per spaccarne l’unità nelle diversità, per tramutare il dialogo in scontro ottenendo quella “guerra fra i poveri” che non serviva ad altro che a rafforzare il potere dei ricchi consolidandone le posizioni. La pace politica vuol dire pacificare il dialogo laddove politica come cura della polis vuol dire proprio dialogare, cioè superare, restando uniti nelle diversità, le difficoltà, scegliendo la via della parola che unisce e dell’azione pacifica al posto della via della parola che divide e dell’azione violenta, laddove la scienza giuridica distingue nettamente fra il valore della forza come difesa della dignità umana, dei diritti e delle libertà e il disvalore della violenza come atto di prevaricazione che calpesta la dignità umana, i diritti e le libertà. I principi della rivoluzione francese, come caduta del vecchio regime del privilegio, sono la libertà propria limitata dal rispetto della libertà altrui, l’uguaglianza come condizione di pari dignità degli essere umani e la fratellanza come chiusura concettuale per cui, se gli uomini si rispettano reciprocamente, non calpestando la dignità, le libertà ed i diritti degli altri, sulla base di un principio di fratellanza di tutti, regna la pace.  Infatti viene meno lo spirito di prevaricazione che porta alla guerra, caratterizzato dall’egoismo  e la cui manifestazione sono la propaganda dell’odio, dell’egoismo e dell’indifferenza come propulsori culturali di un conflitto che trova sempre terreno fertile o nelle crisi politiche, quando la politica cessa il dialogo, o in quelle giuridiche legate a leggi che ledono la dignità, i diritti e le libertà, o quelle sociali, siano esse esistenziali, relazionali ed identitarie dei popoli o nelle crisi economiche dovute a diversi fattori economici come l’assenza o la precarietà del lavoro, i bassi salari, le cause di inflazione, etc. e soprattutto la ingiusta redistribuzione del reddito.

La storia è come una strada in cui gli uomini scelgono, nell’ambito dei propri popoli, se assumere, nelle sfide verso il futuro, un atteggiamento di chiusura, egoistico perché pessimista, in cui il mondo è una giungla e “l’uomo è lupo all’uomo” per cui per sopravvivere si deve vincere ad ogni costo e ciò porta alla conseguente prevaricazione del prossimo, oppure scegliere un atteggiamento di apertura, altruistico perché ottimista, in cui il mondo ha le sue difficoltà da superare insieme e quindi è necessario dialogare con il prossimo. La storia insegna che quando prevale il pessimismo che fa cessare il dialogo, si passa al linguaggio della violenza, per cui promuovere il dialogo, nel rispetto e nella tolleranza del pluralismo delle idee, è un atto di pace.

19.10.2022

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