Il limone: il “Pomo d’oro” tra storia, leggende e ricette.
La nascita dei limoni, anche detti “raggi di luce divenuti frutti” risale ad epoche davvero lontane. Secondo alcuni interpreti, la presenza del famoso “Albero dai pomi d’oro” risale già alla mitologia greca: tale albero, simbolo di fecondità e di amore, dato in dono da Gea (Madre Terra) a Hera, il giorno delle sue nozze con Zeus, si trovava nel giardino delle Esperidi, un luogo fantastico ed incantato sito in Mauritania, alle pendici del Monte Atlante. L’albero, gelosamente custodito dalle tre Esperidi (Egle, Erizia ed Esperaretusa) e da Ladone, il drago dalle 100 teste che non dormiva mai, fu rubato da Ercole in una delle sue dodici fatiche, su richiesta del re Euristeo.
Nella cultura medio orientale, soprattutto ebraica, invece, si parlava dei cd. “meli di Persia”, cedri che crescevano in Israele quando gli ebrei rientrarono da Babilonia nel VI sec. a. C.
Anche nel mondo romano vi sono testimonianze di questo meraviglioso agrume: la presenza dei limoni fu confermata sia da Plinio il Vecchio, che lasciò notizie sul trasporto del cedro in tante regioni, sia dai dipinti delle piante da frutto trovate sulle pareti della casa del frutteto di Pompei e dalle trentotto piante di limone in vaso, trovate nella villa Oplonti di Torre Annunziata.
La Campania, terra d’elezione del pomo aureo, ha goduto della prelibatezza di questo piccolo scrigno di bontà e benessere sin dai tempi più antichi producendone numerose tipologie dai nomi più svariati: il Femminello di Sorrento, lo Sfusato amalfitano, la Gloria di Amalfi, il Limone di pane. Nella costiera sorrentina – amalfitana, il limone era già presente nell’Alto Medio Evo (V I sec. d. C.), come documentano le testimonianze dei medici salernitani che lo usavano a scopo terapeutico. Il cd. “citrus limon massese” o “ femminiello massese” di Massa Lubrense iniziò ad essere importato dall’oriente dai monaci gesuiti nel XVII secolo e proprio il gesuita massese, padre Vincenzo Maggio, ne promosse la coltivazione. Gran parte dell’economia sorrentina ruotò intorno all’agrumicoltura: arance e limoni venivano esportati verso il nord Europa e l’America, determinando, sempre più, lo sviluppo della cantieristica navale e della tradizione marinara; nella penisola circolavano circa ottocento equini, tra cavali, asini e muli, per il trasporto di agrumi e la commercializzazione dei limoni all’estero veniva garantita tutto l’anno attraverso la conservazione degli agrumi nelle grotte e la protezione delle piante con le “pagliarelle”, stuoie di paglia appoggiate su pergolati per formare una sorta di tetto sul limoneto ed evitare che i limoni fossero danneggiati dalle gelate.
Va detto, e questo ci fa onore, che solo con il limone della costiera amalfitana e sorrentina, aventi il marchio IGP, si produce il limoncello, liquore digestivo di fama internazionale.
21.11.2021