Intanto lodiamo le responsabili propositive e fattive coscienze cittadine

Buongiorno Napoli non ama le frasi fatte, neppure quelle che passano in proverbio come l’allusione al somaro mascherato. Quell’asino pretese di ottenere onore e stima dal mondo e si celò in un ammanto degno di un personaggio d’alto affare. Quella imponente esteriorità era così vistosa e impreziosita, da meritare lodi ammirative da chi,per deferenza all’apparire, gli rendeva onore per vantati e reclamizzati meriti immaginari.

Quella bestia, che sempre tale resta, anche sprecando sapone e shampoo biologico e profumato per lavarle  la testa, aveva almeno il buon gusto di tacere, dato che la voce ragliante avrebbe rivelato la sua incorreggibile natura. La fama acquisita a lungo andare lo insuperbì: si crogiolò, quindi, tra le lodi ammirative, crescenti ovunque si proponesse con il suo afono presenzialismo.

Giubilava tra prati, monti, fertili corsi d’acqua e fu proprio una fonte, che sgorgava limpida e cristallina, a decretare il fallimento repentino di tanta superbia immeritata. Accade sempre e fatalmente a tutti quelli che, per vanità acquisita, e per il potere consacrato al rispetto, si ritengono arditamente impunibili.

Quell’emerito e matricolato somaro si specchiò nelle linfe terse della fonte: si ammirò, si sentì realizzato; nel supponente delirio non contenne il suo giubilo e ragliò. Venne così scoperto e accompagnato da un folto corteo di fischi fino alla  stalla del bastone e della carota. Morale della favola: nella nostra drammatica attualità ancora  si suggerisce all’impudenza, illusa di potere senza giusti meriti,di non eccedere. Si corre altrimenti il rischio di una corale indignazione. Anche se la tutela di casta,talvolta riverita e protetta, non consente l’applicazione delle leggi che dovrebbero essere uguali per tutti, resta comunque il bollo della civica riprovazione, che commenta e schernisce. Intanto nelle diatribe si esaltano i toni delle voci che dalle parole si involgariscono fino a transitare nei comportamenti aggressivi, non lodevoli esempi, soprattutto per chi non li considera onorevoli. C’è di peggio: se prudentemente  si rintanano i protagonisti delle imprese scandalose,insorgono a gran voce i loro difensori, novelli santi protettori non certo abilitati ai miracoli. Non lo consentono la Somma Giustizia, la Pietà di Cristo e neppure il salvifico Spirito Santo. La pandemia, virale per sua natura e più mortale se prodotta in laboratorio come arma bellica, ha fatto aprire gli occhi agli assuefatti all’abitudine dei consensi e delle celebrazioni commemorate. Le contraddizioni palesi hanno ingenerato dubbi, la confusione ci ha fatto riflettere: siamo diventati più miserabili, certamente più poveri, ma molti hanno ritrovato i sentieri del buonsenso che fanno aprire gli occhi.  Non valgono più gli osanna ai decretati diritti dell’uomo e dell’infanzia se è immensa la distanza dalla loro attuazione: i grandi progetti inattuati, quelli che restano e resistono sulla carta stampata, vanno realizzati, avviati ad una pratica che abbia almeno un orientamento di senso, se non il profumo di conquista democratica. Il virus corona ci ha costretti alle mascherine,ma ha smascherato tantissime incongruenze. Ha demarcato confini, ha separato i familiari, ha costretto a scegliere tra chi sottrarre il prossimo alla morte senza campane e senza esequie. Ha decretato nuovi eroi in corsia, nuovi modelli di solidarietà liberamente e spontaneamente vissuta e ci ha anche fatto riflettere che in una futura commemorazione non dovrebbero mancare monumenti più duraturi del bronzo, celebrativi dei responsabili dei tagli economici “elargiti” per la Scuola e la Sanità. Gli italiani che hanno riscoperto la loro bandiera e l’inno nazionale, dovrebbero tassarsi per i monumenti meritati da chi ha escogitato nel recente passato rimedi peggiori dei mali. Quando alla mai cessata paura, agli incubi che hanno trasformato l’esistenza si sostituirà la non rassegnazione ai beni perduti, ci auguriamo che cambi veramente qualcosa, anche nei riscoperti campanilismi che denunciano mai risolte fratture. Vale la pena, a questo punto, ricordare Pasquale Altavilla, nostro saggio e forte autore teatrale che, nella prima metà dell’Ottocento, scrisse una “presunta” anticipazione dell’opera di Scarpetta: Miseria e nobiltà

Pasquale Altavilla nella sua commedia: No sviluppo de nobiltà e no sviluppo de miseria separa i ricchi, al secondo piano di uno stabile, dai poveri che abitano più in basso. La lezione dell’autore consiste nel chiarire il coinvolgimento dei coinquilini che potrebbe incorrere in un decisivo capovolgimento.

Accogliamo le parole di Marianna pensosa protagonista dell’opera: “ Sventura! Qua sventura? Tutto se supera, tutto è illusione a stu munno: l’ommo se ha da adattà a lo bene e a lo male. L’ommo ha da essere soggetto a li dispiacere e a li piacere:  vene lo bene, se l’acchiappa: vene lo male, se l’acchiappa; lo bene se riceve co n’anemo allegro, co no core largo… lo male se riceve co no core scuro, co na stretta de diente… Le malatie, le miseie, le tribolazione, li diune, li diebbete li sequestre, li carcerazione so fatte pe nuie; li ricchezze, li festine…  lo magnà, lo bevere, lo spassià so fatte pe nuie. S’abbracceno li primme, s’abbracceno li seconde; co freddezza li primme, co freddezza li seconde; accossì li primme e li seconde, pigliannose a sangue friddo nun te compromettono, non t’allarmano non te sgomentano, non t’avveliscono…”.  Alle prudenti parole di Marienna seguiva la filastrocca di Cicerenella che aveva una botte, mettteva pe coppa e asceva pe sotto. Come a dire: cuofano saglie e cuofano scenne. Noi siamo più civili, più attenti ai valori umani, più vulnerabili, più tecnologici e impotenti e senza certezza di quel LAVORO in nome del quale i nostri padri della Costituzione più bella al mondo sognarono e ci fecero sognare. La pandemia voluta, se è vero, e preferiremmo non crederci, da menti disumane, ci ha messi a tappeto. Sconteremo, malediremo forse, ce ne faremo una ragione o non ci accontenteremo di facili soluzioni? Chi vivrà, vedrà.

Intanto rendiamo degni e doverosi meriti alle Autorevoli Autorità di casa nostra, a quelle coscienze d’umanità impegnata ai fatti che hanno smentito le pessime previsioni che altre regioni fregiate di migliori stelle e fortune temevano, o vaticinavano per noi, sperando di distanziarci nel confronto. Non è accaduto ed il merito va a tutte le eccellenze della medicina che con l’impegno professionalmente e generosamente prodigato hanno abbracciato con fraternità concreta i loro fratelli concittadini. Hanno verificato appieno il senso della canzone Abbracciame di Andrea Sannino e Napoli si è confermata città del sapere  scientifico. Ci dispiace solo che le circostanze e i divieti non ci abbiano consentito di rendere il doveroso estremo omaggio al mai troppo celebrato nostro filosofo, il novantasettenne Aldo Masullo, uomo di libertà e passione, nobile cantore dell’individuo consapevole dei privilegi sociali, del tempo e delle umane responsabilità. Sarà nostra onorarlo come modello esemplare di sapienza, scienza e coscienza.  Napoli è stata e resta generosa e gentile, tollerante e generosa: denigrarla significa sottovalutare e offendere il suo popolo. Non dimentichiamo che Luciano De Crescenzo affermava: ” A volte penso addirittura che Napoli  possa essere l’ultima speranza che resti alla razza umana”. Lo sarà finché avrà il merito di non separare la ragione dal cuore. L’hanno confermato le Forze dell’Ordine, sempre in prima linea, il nostro Governatore non imbrigliabile e saldo nei suoi principi di rispetto del buonsenso e delle regole che valgono a salvare le vite a rischio, il nostro Sindaco con i suoi innegabili meriti, le nostre Municipalità solerti e solidali senza risparmio di energie. Qualche giovanile intemperanza per voglia d’aria libera? Merita adeguati rimproveri, ma comporta danni minori di quelli dovuti alla supponenza, ai pessimi esempi e alla scarsa riflessione sui valori umani e sulla dignità, che è consapevolezza del proprio ruolo. 

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