La trascendenza delle sculture di Luciano Campitelli

Il grado di complessità di un’impresa è direttamente proporzionale al livello del margine di correzione. Nello sforzo di produrre un manufatto artistico, durante l’esecuzione, c’è la possibilità di aggiustare il colore o il tratto del disegno, le forme o le proporzioni di un’argilla, la perpendicolare o lo spazio di un dettaglio in architettura: senza dover necessariamente annullare la tela, la materia plastica o la struttura. Ben diverso invece è l’approccio all’esecuzione di una scultura partendo da un blocco di marmo. Il procedimento inverso, del togliere, ricercando la forma da eseguire, non concede margine di errore; non si può aggiungere materia, coprire con velature di colore o spostare mattoni e malta.

La scultura è quella pratica in cui l’artista non piega la materia per addizione, ma la svela per sottrazione. Questa differenza conferisce allo scultore un orientamento creativo differente, perché differente è il controllo dei pieni e dei vuoti, delle energie e dei procedimenti logici da impiegare per raggiungere il centro oltre l’apparente impenetrabilità di un blocco di travertino o di bianco di Carrara.

La pratica scultorea di Luciano Campitelli (napoletano, classe 1955) si è sviluppata, dopo le prime esperienze di ritrattistica, verso una ricerca molto personale, in cui si è prefissato l’obiettivo di raggiungere una levità non solo espressiva, ma coordinata con l’uso che ne fa della materia stessa. Infatti le opere di Campitelli si distinguono e si caratterizzano anche per il raggiungimento del limite massimo di spessore minimo, quasi a sfidare le stesse tecniche scultoree e le aspettative che di solito si hanno nei confronti di chi lavora col freddo e pesante marmo.

La ricerca di Campitelli – nella leggerezza dei nastri, dei volteggi delle spirali, dei voli dei totem – rimanda alla metafisica e ai valori assoluti della filosofia classica; perché scavando oltre gli elementi contingenti dell’esperienza sensibile, va verso l’interesse di quegli aspetti profondi e fondamentali della realtà che racchiudono concetti di equilibri e qualità sia spirituali sia morali. Dalle sue opere si percepisce il senso dell’eterno e assoluto necessario per cercare di cogliere le strutture fondamentali dell’essere.

L’esperienza visiva nel percorso conoscitivo e dialettico con l’artista ne esce carica di suggestioni e messaggi sempre nuovi, attraversando un mondo creativo ricco di analogie, metafore, simbologie: collegate all’attualità del nostro tempo sociale e politico, a riflessioni sagaci mai accomodanti, a volte sarcastiche riconducibili alla satira, ma fondamentalmente concentrate sul senso del sacro e mistico che sottende alla fragilità umana.

In questa sua coscienza della contingenza del mondo e della sua precarietà, si evince l’esigenza ad uscire da esso, andare oltre il mondo e l’uomo, per cogliere e scovare il suo ultimo fondamento. Sembra quasi che Luciano Campitelli venga spinto allo stesso modo di come quando Platone sente di dover compiere la sua traversata verso un mondo altrove, il mondo delle Idee, per condurre l’uomo fuori dalla caverna delle Ombre, per mostrare la luce reale del Sole sulla Verità.

L’artista Campitelli, eliminando pezzi dal blocco di pietra, cerca l’animal metaphysicum di cui parlava Schopenhauer, nell’andar oltre la materia, gli ostacoli spazio-temporali, mirando al trascendente come ad una sorgente di purezza assoluta. La sua scultura è creatività metafisica proprio perché le sue opere sono domande, interrogativi derivati dalla ragione per conoscere i motivi e le cause di ciò che accade all’uomo e al mondo: scavando, scolpendo e togliendo solleva questioni e cerca soluzioni. Il risultato di questi sforzi, ricerche e riflessioni sono materializzazioni e rappresentazioni dell’ente in quanto tale nelle sue molteplici possibilità.

Proprio il temperamento definito e denso delle sue opere rende presente il Campitelli in molte rassegne d’arte nazionali e internazionali — come la 54°esposizione internazionale d’arte della Biennale di Venezia 2011— oppure come unico invitato nel 2007 per la docenza del restauro della porta di Pietro il Grande a San Pietroburgo.

26.12.2020

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *