E alla fine siamo giunti al termine di un anno che non ci aspettavamo, che non avremmo mai immaginato di vivere e, al contempo, ci troviamo al principio di un altro anno che si preannuncia già pieno di incognite. I mesi che ci lasciamo alle spalle sono trascorsi in maniera del tutto atipica, strana e anomala, tanto che, voltandoci indietro, non possiamo fare a meno di vivere una sorta di schizofrenia nel percepirli tanto densi di avvenimenti, notizie e informazioni, quanto vuoti e immobili, costituiti da quel tempo cristallizzato e privo di azioni e di contatti che scandiscono -scandirebbero- la vita di ciascuno.

È dicembre, insomma, ed è tempo di bilanci.

Per comprendere appieno e valutare gli eventi è necessaria, di norma, una certa distanza, spesso fatta di anni o addirittura secoli, che renda possibile il rapportare quel periodo specifico ad altri simili che si sono succeduti nella storia. Epidemie, carestie, crisi economiche, infatti, appartengono al percorso ciclico della storia e si sono riproposte in tempi e luoghi differenti affliggendo ora questa, ora quella parte di mondo e di umanità. A questi eventi puntuali hanno sempre corrisposto, in un modo o nell’altro, altrettante riprese, fioriture, rafforzamenti, che costituiscono quel che comunemente prende il nome di “progresso”.

Un po’ come dire che alla notte segue sempre il giorno, che il buio non esiste senza la luce.

Ma questo alternarsi di eventi di segno opposto non sta a significare che la storia sia un circolo chiuso, poiché essa scorre attraverso un’esistenza che non è mai uguale a se stessa pur mantenendo intatte la sua identità e i suoi meccanismi, rendendo ogni evento contemporaneamente sia simile ad altri che lo hanno preceduto sia diverso proprio perché avviene in un preciso punto del tempo che è unico e irripetibile nel suo essere.

Questo vuol dire che, voltandoci indietro, abbiamo la possibilità di guardare il passato e di imparare, comprendere, per poi aggiungere un tassello alla nostra esistenza cercando di migliorarla. Con l’espressione “longus et unus annus”, infatti, ci si riferisce a un periodo ben preciso della storia romana così etichettato dallo storico latino Tacito nelle sue Historiae, ovvero il 69 d.C., anno nel quale si succedettero tra loro ben quattro imperatori a seguito di rivolte, scontri e tradimenti che scossero l’impero in lungo e in largo: un solo anno, quindi, nel quale si affastellarono una serie di eventi e accadimenti, tutti di eguale importanza, che finirono per segnare in maniera profonda le dinamiche di potere e la stessa vita occidentale dei secoli successivi. Allo stesso modo, successivamente, eventi devastanti quali epidemie e conseguenziali crisi economico-demografiche ebbero a ripetersi sia durante la storia dell’impero, sia, puntualmente, nel corso della storia fino ai giorni nostri. Le misure adottate di volta in volta appaiono, a uno sguardo moderno, rozze e inefficaci, ma nelle varie epoche hanno costituito metodi all’avanguardia -se non sperimentali- messi in atto per far fronte a situazioni emergenziali inusitate, esattamente come facciamo al giorno d’oggi. 

Tempi diversi, strumenti diversi ma azioni simili, tutte proiettate verso la disperata ricerca di una soluzione che permettesse al mondo conosciuto di non cambiare, di conservare i rapporti di potere, di lenire -infine- il dolore. La vera differenza, però, rispetto a situazioni emergenziali globali, sta nella rete -potenziale- di interscambi e di reciproco soccorso che faticosamente si è instaurata tra comunità diverse e lontane quali sono le nazioni del globo terrestre. La differenza, in sostanza, sta nel fatto che mai prima d’ora il mondo aveva avuto l’opportunità di coordinare un’azione unitaria, coesa e di reciproco sostegno, andando al di là delle differenze territoriali e riconoscendo che, in un modo o nell’altro, siamo tutti collegati gli uni agli altri.

L’unica soluzione, allora, l’unico modo per compiere uno di quei passi che segnano un punto di svolta nei libri di storia, per progredire, insomma, è l’unione, la solidarietà, la convergenza verso obiettivi comuni che non lascino nessuno indietro.

Ancora una volta, quindi, il principio risolutivo di un problema enorme è il fare appello alla nostra stessa umanità, il riconoscersi l’un l’altro come abitanti della stessa terra, figli di quella stessa vita la quale vogliamo, tutti, vivere e alla quale vogliamo fare ritorno.

Il progresso, quindi, il segno che tutti noi possiamo lasciare nella storia, è l’unione.

Cerchiamo di essere solidali l’uno con l’altro.

Cerchiamo di ricordarcelo, come buon proposito per il prossimo anno.

01.12.2020

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